La formazione della neve, come peraltro quella della pioggia, è un fenomeno molto complesso.
Le nuvole sono costituite di microscopiche goccioline d’acqua (droplet) del diametro di 10-50 micron, formatisi dall’aggregazione di miliardi di molecole di H2O del vapore saturo o soprasaturo attorno a dei nuclei di condensazione costituiti da grani di pulviscolo atmosferico ( sale marino, solfati o nitrati), denominati nuclei di Aitken. Nelle nuvole a temperatura positiva, le gocce di pioggia (diametro 0,5- 0,2mm) si formano per urto reciproco (coalescenza) delle “droplet”. In quelle a temperatura negativa avvengono altri fenomeni:
Innanzitutto le goccioline d’acqua possono rimanere allo stato liquido (soprafusione) sino a circa – 40 °C (temperatura che troviamo di norma a partire dagli 8 Km di altezza).
Alcune impurità, dette nuclei di congelamento o germi di ghiaccio, hanno la capacità di coagulare (sublimare) il vapore d’acqua formando dei microscopici cristalli di ghiaccio.Tale effetto pare avere un massimo di efficacia nella parte della nube dove le temperature sono comprese tra –12 e – 17 °C.
La tensione di vapore di saturazione dell’acqua soprafusa è maggiore di quella del ghiaccio alla stessa temperatura con un massimo attorno i – 15 °C ( vedi fig. 1; attenzione la scala delle ordinate è logaritmica!) e quando l’aria è satura o soprasatura rispetto al liquido essa è maggiormente soprasatura rispetto al ghiaccio (ciò è dovuto al fatto che il passaggio dal solido al vapore, la sublimazione, richiede una energia superiore di quella richiesta dall’evaporazione). Ciò comporta un passaggio di molecole di vapore dall’ambiente al microcristallo, vapore in parte reintegrato dall’evaporazione delle goccioline d’acqua che vedono la loro massa ridursi mentre quella del cristallo aumenta (processo di Bergeron-Fidstein).
Dato che il grado di soprasaturazione dell'aria rispetto al ghiaccio può essere piuttosto elevato, la crescita dei cristallini, fino a delle dimensioni abbastanza grandi (qualche centinaio di micron) da farli cadere verso terra,. è in genere rapida.
Durante a loro caduta essi possono ingrandirsi ulteriormente urtando contro le goccioline soprafuse della nube, le quali congelano immediatamente sulla loro superficie (brinamento); il cristallo con questo processo può trasformarsi in una pallina di ghiaccio tenero (neve granulosa). I movimenti turbinosi dell'aria possono talora provocare la rottura del cristallo; i frammenti che ne derivano diventano a loro volta nuovi germi di ghiaccio innescando così una specie di reazione a catena che dà origine a numerosissimi nuovi cristalli, i quali, aggregandosi tra di loro vengono a formare i caratteristici fiocchi di neve.
Se la temperatura dell'aria negli strati più bassi è > di 0°C su un sufficiente spessore, i fiocchi fondono e continuano la loro caduta sotto forma di gocce pioggia; in caso contrario raggiungono il suolo e, se questo è sufficientemente freddo, generano un accumulo di neve
La mutevole forma dei cristalli
Il primo scienziato che trattò dei cristalli di neve ponendosi delle domande sulla ragione della loro simmetria esagonale fu Keplero agli inizi del 600’. Nel 1635 Cartesio diede la prima descrizione di alcuni tipi di essi, assai accurata compatibilmente con il fatto di poterli osservare al più attraverso una semplice lente. Nel 1665 il fisico inglese Hooke pubblicò un grosso volume, intitolato “Micrografia”, contenente disegni di piccoli oggetti e di particolari, risultato di una enorme quantità di osservazioni fatte con il microscopio, da poco inventato. Tra questi figuravano vari tipi di cristalli di neve, con evidenziati dettagli che mai si erano visti prima. Nel 1931 i microfotografi americani W. A. Bentley e W.J. Humphreye diedero alle stampe un famoso volume : “Snow Crystals” contenente 2000 immagini di cristalli; tale opera, un classico è stato ristampata di recente. Ancora, negli anni 30’, il fisico nucleare giapponese Ukichiro Nakaya fece approfonditi studi sulla loro natura riuscendo anche a produrli artificialmente. Il suo fondamentale lavoro è stato pubblicato nel 1954 con il titolo “Snow Cristals: Natural and Artificial”