Lo sfruttamento dell'energia nucleare in Italia ha origini lontane.
Nonostante le restrizioni dovute sia alle conseguenza della seconda guerra mondiale (che diminuivano le risorse economiche che potevano essere utilizzate per la ricerca) che agli accordi di pace (che imponevano all'Italia di non poter disporre di un'industria per l'arricchimento del combustibile), la decisione di costruire la prima centrale elettronucleare venne infatti presa già all'indomani della conferenza "Atomi per la pace" di Ginevra dell'8-20 agosto 1955 e portò l'Italia, nel corso degli anni sessanta, ad avere sul proprio territorio tre impianti di prima generazione basati sulle tre più innovative tecnologie dell'epoca (ossia i reattori di tipo BWR e PWR di origine statunitense e quello di tipo Magnox di origine britannica).Come già detto, in Italia la produzione di energia elettrica da fonte nucleare risale ai primi anni sessanta (nel 1966 questa nazione figurava come il terzo produttore al mondo dopo Stati Uniti d'America e Inghilterra).
Considerato che le tecnologie disponibili nelle prime fasi dello sfruttamento dell'energia nucleare erano molteplici e che non si conoscevano ancora tutti i vantaggi e le problematiche relative a ognuna di loro, l'Italia si dotò di tre centrali di differenti metodiche produttive (anche se tutte di origine anglo-americana) che rappresentavano, per ciascuna di esse, dei modelli pressoché prototipali e che dunque servirono anche a Regno Unito e USA per sperimentare all'estero dei reattori capostipite delle rispettive filiere.
La prima centrale elettronucleare italiana venne realizzata a Latina, un impianto con un unico reattore di tipo Magnox da 160 MWe lordi che, una volta ultimato il 12 maggio 1963, ne rappresentava l'esemplare più potente a livello europeo.
Otto mesi più tardi fu approntata quella di Sessa Aurunca, alla quale seguì meno di un anno dopo l'installazione di Trino, che aveva a disposizione un reattore PWR Westinghouse da 270 MWe lordi e che al momento della sua entrata in funzione costituiva la centrale elettronucleare più potente nel mondo.
L'energia prodotta da queste tre centrali era comunque ridotta rispetto al fabbisogno nazionale, a cui contribuivano mediamente per il 3-4%.
Il 1º gennaio 1970 iniziò la costruzione della quarta centrale, quella di Caorso.Fino alla metà degli anni settanta la situazione della generazione elettrica in Italia era piuttosto confusa, essendo indefinite le esigenze produttive e quindi il parco centrali necessario.
Nel 1975 avvenne il varo del primo Piano Energetico Nazionale (PEN) che prevedeva, fra le altre cose, un forte sviluppo della componente elettronucleare.
In aggiunta alle tre centrali già in funzione e a quella in via di realizzazione a Caorso, vennero proposti una serie di siti per nuove centrali elettronucleari oltre alla costruzione di alcuni prototipi di filiere di reattori innovativi.
Il 1º luglio 1982 fu messa in cantiere la centrale con due reattori BWR da 982 MW di potenza elettrica netta ciascuno di Montalto di Castro.
Venne anche delineata una seconda centrale a Trino (la prima basata sull'allora nascente "Progetto Unificato Nucleare") con due reattori PWR da 950 MW di potenza elettrica netta ciascuno.L'incidente di Černobyl' del 1986 (sulla scia di quello di Three Mile Island del 1979 che fece posticipare l'inizio dell'esercizio commerciale dell'impianto di Caorso al fine di provvedere ad alcuni aggiornamenti ai sistemi di sicurezza) portò l'Italia a indire l'anno successivo tre referendum nazionali sul settore nucleare.
In tale consultazione popolare, circa l'80% dei votanti si espresse a favore delle istanze portate avanti dai promotori.
È da notare come i tre referendum non vietavano in modo esplicito la costruzione di nuove centrali (e men che meno imponevano la chiusura di quelle esistenti o in fase di realizzazione) ma si limitavano ad abrogare i cosiddetti "oneri compensativi" spettanti agli enti locali sedi dei siti individuati per la costruzione di nuovi impianti nucleari (nonché la norma che concedeva al CIPE la facoltà di scelta dei siti stessi in presenza di un mancato accordo in tal senso con i comuni interessati) e a impedire all'Enel di partecipare alla costruzione di centrali elettronucleari all'estero.
Visto l'esito molto netto del voto, tra il 1988 e il 1990 i Governi Goria, De Mita e Andreotti VI posero termine all'esperienza elettronucleare italiana con l'abbandono del Progetto Unificato Nucleare e la chiusura delle tre centrali ancora funzionanti di Latina, Trino e Caorso (l'impianto di Sessa Aurunca era infatti già stato fermato per guasti nel 1982 e, a seguito di valutazioni sull'antieconomicità delle riparazioni, messo in decommissioning).